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Washington anni '30 e '$0. Il New deal rooseveltiano. L'opposizione conservatrice. Il Congresso e i grandi politici e politicanti dalle cui mani è uscita l'America bellica e post-bellica, la nazione che Vidal definisce ''l'ultimo forse, degli imperi''. Questo lo sfondo su cui è proiettata la complessa, attraentissima vicenda di washington, D.C. Popolano la scena dei personaggi reali dell'America di quel tempo, come roosevelt e Truman, ed altri inventati ma del tutto verosimili e probabilmente allusivi, come jaes burden day, senatore con ambizioni e con scrupoli: Clay overbury, allievo-senatore ben provvisto delle prime ma a corto dei secondi; blaise e Sanford, personificazione del potere e del suo cattivo uso; Harold Griffiths, caustico ma corrutibile mentore dei potenti; il giovane Peter, suo provvisorio discepolo, affascinato dalle forze che, in una complicata contesa, si disputano il dominio della capitale mentre un conflitto più grande si prepara fuori, lontano, nel Vecchio Mondo abbandonato dai padri in cerca di pace. Qaundo finalmente il conflitto scoppia, il paese dei liberi deve forzatamente rinunciare alla sua meta storica; così, i volti sorridenti dei Padri svaniscono, e uniformi di marines prendono il loro posto: gli Stati Uniti diventano la massima potenza mondiale, alla quale pochi dissenzienti propongono, inascoltati, l'alternativa di una pragmatica ricerca del bene. Vidal ha dunque scelto, per rappresentare l'America del terzultimo e penultimo decennio, la dimensione imperiale nella resa della quale trova modo tuttavia di esprimere le sue doti più tipiche: la causisticità senza freni, l'umorismo aggresivo, la cattiveria amara, dispiaciuta. E questa, della cattiveria, della aggresssività, è in fondo la personale alternativa dell'autore, come autire, alla accettazione del tipo di mondo descritto.