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In Burundi da ormai due anni ci si prepara al peggio, a una soluzione <<alla rwandese>>, alla cronaca di un genocidio annunciato. Eppure non succede <<nulla>>. Regna una paura diffusa e sul terreno si raccolgono venti, forse cinquanta cadaveri ogni giorno. Ma questo non fa notizia. La storia recente della capitale Bujumbura può essere letta come storia del paese, ma anche come storia dell' uomo burundese: una lenta quanto inesorabile frattura, una separazione lacerante. Di spazio, di tempo, d'identità. Una apartheid.