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Bevilacqua vive e coltiva una sua ambivalenza che rifiuta la prigionia dei generi, percorre due pascoli stilistici e formali, incurante delle classificazioni, anzi caparbio nell'esplicitare la naturalezza del suo agire letterario in ritmo di verso e di prosa, convinto che il <<genere>> (diventi poi anche il cinema) non può che stare al servizio dello scrittore e mai viceversa. In questo riassuntivo libro di versi approda il più significativo << alter ego >> del narratore: silloge rimeditata, prosciugata, riserminata, di tre vendemmie (<< L'amicizia perduta >>, <<L'indignazione>>, <<La Crudeltà>>) ove si innesta, prolungata più che in uno spazio cronologico, in un territorio mentale, la sezione conclusiva delle poesie << nuove >>, inedite e varianti >>. L'aderenza di questa poesia alla vita, privilegia non la memoria, ma la speranza, l'incessante metamorfosi del passato nel presente, il sorprendente divenire dell'esistere.