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Seitan! Seitan! Il terribile nome vola sulle bocche degli abissini. Risuona sulla altopiano, lo sussurra anche la luna, nascosta nel buio troppo buio delle notti africane. Il Diavolo. Cosi chiamano gli indigeni, a ragion veduta, lo sterminatore italico. E tuttavia, al giovane tenente sbarcato nella colonia, quell'ufficiale ritto a cavallo di cui nessuno parla senza fare scongiuri, ispira la fascinazione metafisica di un Kurtz. Il capitano e il suo drappello di ascari, spettrali cavalieri dell'Apocalisse. Dalle incursioni in territorio nemico rientrano sempre soli; dei commilitoni, non uno che sia tornato indietro a raccontare le gesta. Ora c'è un passeggero ansioso di salire sulla nave di questo olandese volonte che vaga senza pace tra le piane etiopiche. Povero tenente, lui e la sua genealogia di generali , in cerca di gloria ed eroismo dove la guerra è guerra vera ,non teorie d'accademia o propaganda di gazzette. Di contro, soprirà forse dove alberghi il cuore della tenebra, se sia nero oppure bianco. Ma ecco che una nuova, lunga notte scende sull'Abissinia: conviene ritirarsi nel buio di pecee occhi sgranati dal terrore ripetere quel nome che è leggenda, come un esorcismo a scacciare il male. Sperando, al primo sole, di essere ancora vivi. Seitan... Seitan....